La legge 3-8-1998 n.269 ha introdotto nel codice penale gli artt.600 ter e 600 quater, il cui testo, anche a seguito di successive modifiche legislative, è il seguente.
Art. 600 ter c.p. – Pornografia minorile.
“E’ punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
- utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
- recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 2.582 a € 51.646.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.
Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore de anni diciotto per scopi sessuali”.
Art.600 quater c.p. – detenzione di materiale pornografico.
“chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’art.600 ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549.
La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità”.
La legge 6-2-2006 n.38 ha, poi, inserito nel codice penale l’art.600 quater.1 (Pornografia virtuale), il cui testo è il seguente:
“le disposizioni di cui agli articoli 600 ter e 600 quater si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo.
Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali.”
Alla stregua della esposta normativa, si può dire che il reato di pornografia minorile si articola in molte fattispecie:
- pena da sei a dodici anni di reclusione e multa da € 000 a € 240.000 per chi
- realizza esibizioni e spettacoli pornografici utilizzando minori degli anni diciotto;
- produce materiale pornografico utilizzando minori degli anni diciotto;
- recluta o induce minori degli anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici
- trae altrimenti profitto dagli spettacoli sub 3);
- fa commercio del materiale pornografico sub 2);
- pena da uno a cinque anni di reclusione e multa da € 582 a € 51.645 per chi
- distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico sub 2), al di fuori delle ipotesi precedenti e con qualsiasi mezzo, anche per via telematica;
- distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuali di minori degli anni diciotto;
- pena fino a tre anni di reclusione e multa da € 549 a € 5.164 per chi
- offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico sub 2), al di fuori delle ipotesi precedenti;
- pena fino a tre anni di reclusione e multa da € 1.500 a € 000 per chi
- assiste ad esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori degli anni diciotto, salvo che il fatto costituisca più grave reato;
- pena fino a tre anni di reclusione e multa non inferiore a € 549 per chi
- si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, al di fuori delle ipotesi precedenti.
Tutto ciò premesso appare evidente che perno di tutta la disciplina i tema di delitti in materia di pornografia minorile è proprio il concetto di “pornografia minorile” al quale le norme fanno riferimento e di cui l’art.4 comma 1 lett. h) n.2 della L. 1-10-2012 n.172 ha dato una espressa definizione, inserendola al 7° comma dell’art.600 ter c.p.: “ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali”.
Com’è facile intuire, tale nozione (tratta dall’art.20 della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale del 25-10-2007 a Lanzarote), pur aiutando l’interprete, non ha risolto tutti i dubbi possibili di inquadramento dei casi concreti.
Pare potersi escludere che il concetto di “pornografico” venga fatta coincidere con quello di “osceno”, ossia di ciò che, secondo il comune sentimento, offende il pudore.
Tuttavia, non può non evidenziarsi che la nozione normativa di pornografia comprende anche la statica rappresentazione della nudità, purché finalizzata a “scopi sessuali”. Il che amplia di molto la possibile interpretazione, tenuto conto che, secondo la giurisprudenza, per “rappresentazione degli organi sessuali” deve intendersi non solo la riproduzione degli organi genitali, ma anche quella di “zone erogene, come il seno ed i glutei”.
Inoltre, non appare esente da ambiguità la pretesa finalità sessuale della rappresentazione: quando può dirsi con sicurezza che una immagine degli organi sessuali di un minorenne sia fatta “per scopi sessuali”?
Secondo la giurisprudenza, la natura artistica delle immagini di nudo esclude che esse possano considerarsi realizzate per scopi sessuali, ai sensi dell’art. 600-ter comma 7 c.p., anche quando le stesse rappresentino gli organi sessuali del soggetto ritratto o abbiano attitudine a sollecitare l’istinto sessuale.
Il che non toglie l’estrema evanescenza dei criteri sulla base dei quali un nudo possa essere ritenuto “artistico”
Dalla lettura delle norme, comunque, la giurisprudenza ha di regola escluso che le condotte ivi previste dovessero essere compiute con fine di lucro.
Dunque, l’“utilizzazione” che venga fatta del minore (e non lo “sfruttamento”, come in una precedente versione della norma) non implica che ciò avvenga per finalità di lucro.
Molta discussione si è sviluppata sui limiti di rilevanza penale della “produzione di materiale pornografico” e “detenzione” dello stesso, attesa la possibilità che venga punita qualsiasi tipo di produzione di materiale pedopornografico, ancorché non realizzata a scopo di lucro e neppure destinata al pubblico.
Tradizionalmente la giurisprudenza ha richiesto, per ravvisare le fattispecie, che ricorresse quantomeno un concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto.
Tuttavia, in una recentissima sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, tale requisito è stato escluso.
In tal modo è stato superato un precedente orientamento delle stesse Sezioni Unite del 2000, sulla base di una serie di valutazioni relative alla evoluzione normativa e della stessa tecnologia, per cui il contesto tecnologico dell’epoca della precedente sentenza non implicava necessariamente la successiva diffusione del materiale realizzato, mentre oggigiorno la tipologia di dispositivi utilizzati (ad es., cellulari, smartphone, tablet e computer dotati di fotocamera incorporata), nonché lo sviluppo dei sistemi di comunicazione e condivisione telematici (su tutti, internet e i social network) fanno sì che qualsiasi produzione di immagini o video sia di per sé suscettibile di essere resa nota, anche in tempo reale, ad una platea indeterminata di soggetti.
Tale valutazione, tuttavia, non ha condotto la Corte a ritenere di per sé punibile qualsivoglia “produzione ad uso domestico”. Secondo le recenti Sezioni unite, il concetto di “utilizzazione del minore”, implica che quest’ultimo sia trasformato in oggetto per il soddisfacimento di desideri sessuali di altri o per il conseguimento di utilità di vario genere.
Pertanto, saranno illecite quelle condotte di produzione che siano frutto della posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore ovvero che siano state ottenute con minaccia, violenza o inganno o allo scopo di commercializzare il materiale ovvero che abbiano coinvolto minori di età inferiore a quella del consenso sessuale.
Al contrario qualora la realizzazione del materiale sia avvenuta per libera e consapevole scelta di un minore che abbia l’età per determinarsi in tal senso (sopra i quattordici anni), il prodotto sia destinato ad un utilizzo solo privato, sia stato realizzato nell’ambito della sua vita sessuale ed in condizioni di parità con chi se n’è reso autore – ad esempio in una relazione paritaria tra minorenni ultraquattordicenni – dovrà essere esclusa la ricorrenza di quella “utilizzazione” che costituisce il presupposto dei reati ex art. 600-ter che quello ex art. 600-quater c.p..
In ordine alla “produzione di materiale pornografico” (art.600 ter comma 1 n.1 c.p.), la giurisprudenza ha ravvisato tale condotta in una svariata serie di casi, non sempre scontati:
- aggirarsi in una zona piscina frequentata da minori, molti in età infantile e anche privi di costume da bagno, portando con sé una microcamera nascosta e prudentemente e costantemente indirizzata nei confronti dei minori, evidenzia un palese intento di procedere ad acquisire immagine dei minori presenti,
- pur non realizzando materialmente la produzione di materiale pedopornografico, aver istigato o indotto il minore a farlo, facendo sorgere in questi il relativo proposito, prima assente, ovvero rafforzando l’intenzione già esistente, ma non ancora consolidata;
- indurre con minacce l’ex fidanzata minorenne a farsi “selfie” erotici per poi inviarli a un amico su Facebook;
- riprendere, con una telecamera nascosta, immagini sessualmente allusive di minori intenti a cambiarsi e a farsi la doccia nello spogliatoio;
- contattare una minorenne, cui era stata rivolta sotto falso nome una richiesta di amicizia su un social network, prospettandole l’ingresso nel mondo dell’alta moda e offrendole denaro e capi di abbigliamento se avesse accettato di fare la modella, e nel chiederle tramite webcam di spogliarsi e toccarsi le parti intime;
- produrre materiale ad uso personale.
Con riferimento alla distribuzione, divulgazione e diffusione di materiale pornografico (art.600 ter comma 3 c.p.), la giurisprudenza ha ravvisato la fattispecie nei seguenti casi:
- la divulgazione di immagini ritraenti parti intime di ragazze minorenni tramite WhatsApp;
- l’inserimento di foto pornografiche raffiguranti minori in un sito liberamente accessibile ovvero quando la propagazione per mezzo della rete internet, mediante invio ad un gruppo o ad una lista di discussione da cui chiunque le possa scaricare, (mentre sarebbe configurabile l’ipotesi più lieve di cui all’600-ter, comma 4, c.p. quando l’agente invia le foto a una persona determinata, allegandole ad un messaggio di posta elettronica oppure tramite il profilo facebook del destinatario, in modo tale che solo quest’ultimo abbia la possibilità di prelevarle);
- la cessione a terzi della password necessaria per accedere a cartella condivisa di file contenente materiale pedopornografico;
- l’utilizzazione di programmi di file sharing che comportino nella rete internet l’acquisizione e la condivisione con altri utenti dei file contenenti materiale pedopornografico, a meno che ricorrano ulteriori elementi indicativi della volontà dell’agente di non divulgare tale materiale (molte decisioni pongono l’accento sul fatto che non è sufficiente l’utilizzo per lo scaricamento di files da Internet di programmi di condivisione, quale il programma EMule, giacché tale utilizzo, di per sé, non può implicare la volontà, nel soggetto agente, di divulgare detto materiale);
- l’invio, in via telematica, di fotografie e filmati di una minorenne nuda al genitore della stessa;
- l’esibizione a terzi di un filmato pedopornografico conservato sul proprio cellulare;
- la divulgazione di immagini ritraenti parti intime di una ragazza minorenne in un gruppo aperto su Facebook, accessibile ad un numero indeterminato di soggetti.
Merita di essere segnalato un contrasto giurisprudenziale tra alcune decisioni che ritengono che la cessione di materiale pedopornografico presupponga che lo stesso non sia stato prodotto dal cedente (ad es. il minore stesso che invia foto – “selfie” – o filmati di sé stesso) ed altre che invece ritengono che il reato di cessione sia configurabile anche nel caso in cui detto materiale sia stato realizzato dallo stesso minore.
Con riguardo alla fattispecie prevista dall’art.600 quater c.p., si è spesso discusso in ordine alla rilevanza penale di materiale pedopornografico detenuto, con specifica attenzione alla rilevanza penale della presenza, all’interno di un personal computer, di file temporanei di internet di tipo pedopornografico, salvati automaticamente nella memoria cache durante la navigazione nel web.
L’art.600 quater c.p. punisce quei casi in cui chi si procura o detiene consapevolmente materiale pedopornografico non abbia in alcun modo concorso a produrre il materiale medesimo.
Mentre il “procurarsi” implica una condotta attiva dell’agente (attraverso, ad es., l’acquisto, il noleggio del materiale), la “detenzione” implica una situazione statica, nella quale all’agente è attribuita la disponibilità, anche solo virtuale, del materiale.
Di regola, poi, si esclude la rilevanza penale della mera “visione” di materiale pedopornografico senza che vi sia una disponibilità di esso da parte dell’agente. Inoltre, come evidenziato dalla lettera della legge (“consapevolmente”), il dolo deve essere diretto o intenzionale, non essendo sufficiente il dolo eventuale.
Dunque, l’agente non deve solo essere consapevole del carattere pedopornografico delle immagini, ma deve anche essere consapevole di essersele procurate o di detenerle.
Nel contesto attuale, è risaputo che l’acquisizione di materiale pedopornografico avvenga soprattutto tramite internet (c.d. pedopornografia online).
Tale modalità implica che debba comprendersi quando si può dire che materiale pedopornografico sia “consapevolmente” procurato o detenuto. Pochi dubbi vi sono quando il materiale scaricato sia stato “salvato” su supporti quali hard disk, dvd, pen-drive, ecc..
La giurisprudenza ha ritenuto che perfino i files contenuti nel “cestino” del sistema informatico debbano ritenersi “detenuti” e che solo quelli definitivamente cancellati possano escludersi da tale novero.
Nel caso in cui, però, il materiale pedopornografico si trovi all’interno della memoria “cache” del computer, in seguito alla consultazione di siti internet, potrebbe difettare la consapevolezza dell’agente, atteso che in tale spazio confluiscono automaticamente e in via temporanea dati provenienti dalla navigazione.
Non essendo governata da una consapevole e volontaria decisione dell’agente, dovrebbe escludersi che tale “salvataggio” automatico possa essere ritenuto penalmente rilevante ex art.600 quater c.p..
In effetti, un orientamento giurisprudenziale si è attestato su tale posizione, affermando che non bastava la visita di siti pedopornografici, ma occorreva lo scarico ed il salvataggio del materiale.
Non avrebbe, dunque, potuto essere ritenuto “consapevolmente detenuto” il materiale trovato solo su c.d. “internet temporary file”. Non può sottacersi, tuttavia, che esiste anche altro orientamento giurisprudenziale, per quanto forse meno consistente, che ritiene penalmente rilevante anche il materiale pedopornografico rinvenuto nella cache del p.c., in quanto i file potrebbero essere in qualsiasi momento richiamati in visione, anche da parte di un utente non particolarmente esperto.
E’ evidente che tale impostazione potrebbe rivelarsi esiziale per l’incauto e non particolarmente esperto in informatica che si trovi, ad esempio, a cercare su internet materiale pornografico lecito, ma che, nella ricerca, si imbatta in materiale pedopornografico poi automaticamente salvato dal p.c. nei “temporary files”.
Deve essere evidenziato che la tematica in oggetto (soprattutto quella concernente la distribuzione, divulgazione e diffusione di materiale pedopornografico) può avere profili di vicinanza con quella del c.d. “revenge porn” (traducibile come “vendetta porno” o “porno vendetta”), fattispecie in cui, in genere, vengono diffusi contenuti pornografici all’insaputa dei protagonisti delle immagini o dei filmati, spesso con finalità diffamatorie, di vendetta o di minaccia.
Con tutta evidenza, tale ipotesi, che può in astratto anche riguardare minori, di per sé prescinde dalla minore età dei soggetti ripresi e gli interessi lesi sono diversi da quelli della tutela dei minori.
In Italia, tale fattispecie ha trovato la propria autonoma disciplina con l’art.10 della L. 19-7-2019 n.69 (c.d. “codice rosso”), che ha introdotto nel codice penale l’art.612 ter (Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti), il quale recita:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
Cosa fare in caso di accusa di delitti in materia di pornografia (artt.600 ter – 600 quater – 600 quater.1 c.p.)
Perché ricercare l’assistenza di un avvocato penalista a Torino?
Come visto in precedenza, non è così agevole valutare la sussistenza di tutti gli elementi necessari a configurare le fattispecie in esame.
Pertanto, a meno di una qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, sarà opportuno rivolgersi ad un legale per chiarire quale sia la corretta disciplina applicabile al caso di specie.
Ma, attesa la complessità delle questioni interpretative, anche in caso di qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, non può escludersi che la stessa possa essere messa in discussione.
Gli avvocati Anselmi e Muci sono disponibili ad esaminare i casi a loro sottoposti per indicare la migliore qualificazione giuridica e la strategia da seguire, sia in caso si sia danneggiati dal reato, sia nel caso si sia accusati di esso.
Nel caso sia necessario presentare una denuncia all’Autorità Giudiziaria, l’assistenza di legali esperti come gli avvocati Anselmi e Muci consentirà di predisporre tale atto adeguatamente.