Il delitto di “atti persecutori” è stato inserito all’art.612 bis c.p. con il D.L. 23-2-2009 n.11 convertito, con modificazioni, in L. 23-4-2009 n.38. Il testo della norma, a seguito anche di ulteriori modifiche nel 2013, è il seguente:
“salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore. Di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”
La norma è volta a perseguire quella persecuzione che, secondo una terminologia anglosassone ormai d’uso comune, viene chiamata “stalking” e si inserisce in un contesto normativo che completa la tutela con ulteriori previsioni, tra cui:
- Una nuova misura cautelare che vieta l’avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa (art.282 ter c.p.p.);
- L’inserimento del reato tra quelli per cui è possibile procedere ad assumere la testimonianza della persona offesa con incidente probatorio anche al di fuori dei casi ordinari previsti dal comma 1 dell’art.392 c.p.p. (art.392 comma 1 bis c.p.p.);
- Un previo ammonimento orale da parte del questore (art.8 D.L. 11/2009 conv. in L.38/2009, come modificato successivamente) su richiesta della persona offesa, prima della presentazione della querela.
La struttura del delitto è quella di un reato ad evento, nel quale:
- la condotta deve essere reiterata e caratterizzata da minacce o molestie;
- l’evento (ossia il fatto conseguente alla condotta) si configura, alternativamente, in una delle seguenti modalità:
- un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
- un fondato timore per l’incolumità della persona offesa o di un suo prossimo congiunto o di persona alla medesima legata da una relazione affettiva;
- la costrizione per la persona offesa di alterare le proprie abitudini di vita.
Pur essendo un reato di conio recente, la giurisprudenza ha avuto modo di occuparsi di esso in misura assai rilevante e, tra i tanti, ne ha ravvisato gli estremi nei seguenti casi:
- la pluralità di condotte di danneggiamento a danno della persona offesa quali il forare le gomme, appiccare fuoco e danneggiare più volte la recinzione della casa della vittima, condotte idonee a creare un elevato stato d’ansia e timore per la propria incolumità che prescinde dalla presenza di certificazioni sanitarie attestanti la natura patologica di tali stati;
- i continui tentativi di accesso all’abitazione della vittima accompagnati da frasi offensive, minacce e atteggiamenti fisicamente violenti, nonché pedinamenti e numerose telefonate, posti in essere da un soggetto estremamente geloso, che abbiano determinato uno stato di timore nella vittima tale da spingerla a trasferirsi presso altra dimora, nonché causando nella stessa remore nell’uscire di casa per timore di incontrare l’imputato e subire i suoi atteggiamenti persecutori;
- le numerose telefonate, l’invio di cartoline anonime dal contenuto volgare, nonché di prodotti e riviste non gradite unitamente ai rumori notturni a danno della vittima che determinano uno stato di ansia e paura nella vittima, tanto da costringerla a cambiare le proprie abitudini di vita;
- la condotta dell’imputato che, per circa due mesi si sia appostato nei pressi dell’abitazione della persona offesa molestandola reiteratamente con insulti e minacce, spostandole addirittura l’auto dal luogo in cui era parcheggiata al centro della pubblica via e costringendola – dietro sollecitazione anche dei vicini di casa che avevano assistito ad alcuni episodi – a non uscire da sola ovvero ad uscire in uno stato di ansia;
- un’attività di danneggiamento, a seguito della quale la persona offesa riporti uno stato d’ansia o muti le proprie abitudini di vita, in quanto condotta idonea a configurare sia la molestia, per i ripetuti danni in sé, sia la minaccia, in relazione alla possibilità di analoghi atti dannosi, desumibile dalle precedenti condotte (fattispecie relativa a reiterazione di illecite immissioni di materiali nocivi, quali cemento ed olii esausti, nel giardino dell’abitazione in cui si trovava la persona offesa, di lanci di sassi ed acqua e di esplosione di colpi ad aria compressa);
- reiterate condotte dell’indagato consistite nel rivolgere a persona offesa minore, maggiormente vulnerabile, apprezzamenti di natura sessuale e nell’appostarsi nei pressi dei luoghi da essa frequentati per poi indirizzarle sguardi insistenti;
- condotta di chi per diversi anni tormenti con molestie, minacce e offese la vittima, anche tramite social network, attaccandola con post pubblici offensivi e minacciosi, ingenerando nella stessa un perdurante stato di ansia e di paura, portandola a temere per la propria incolumità e a modificare le proprie abitudini di vita
- condotte persecutorie nei confronti di alcuni vicini di casa, destinatari di frasi minacciose e costretti ad un cambiamento delle abitudini di vita in quanto l’imputato impediva loro l’accesso al garage avendo posizionato la propria auto davanti;
- il reiterato invio alla persona offesa di “sms” ed e-mail, ovvero ripetuti “post” offensivi su “social network”, oltre che la divulgazione di scritti, filmati o fotografie ritraenti la sfera intima e personale della vittima, così violando il diritto alla riservatezza di quest’ultima;
- ipotesi in cui la vittima, sposata, era stata destinataria di un corteggiamento assillante da parte di una persona molto più anziana, padre di una sua amica, e per effetto di tale atteggiamento persecutorio e morboso, era stata costretta ad uscire di casa sempre accompagnata dal marito o dalle amiche, anche per espletare le normali attività quotidiane;
- l’invio di numerose e-mail e numerose telefonate dal contenuto minaccioso tali da ingenerare un perdurante grave stato di ansia e a costringere chi le riceve a modificare le abitudini di vita;
- la condotta di chi abbia volontariamente continuato a liberare i propri gatti nelle parti comuni dell’edificio abitato anche dalla persona offesa, nell’evidente consapevolezza delle conseguenze sul piano igienico che ciò comportava e della molestia che in tal modo arrecava alla propria vicina;
- la condotta di chi reiteratamente pubblica sui “social network” foto o messaggi aventi contenuto denigratorio della persona offesa – con riferimenti alla sfera della sua libertà sentimentale e sessuale – in violazione del suo diritto alla riservatezza;
- messaggi aggressivi e violenti su “WhatsApp”, con la coscienza di provocare avvilimento e paura nella vittima;
- il reiterato invio alla persona offesa di “sms” con messaggi amorosi, ingiuriosi e minatori, veicolati anche a mezzo di plurime telefonate, nonché la divulgazione di filmati che la ritraggono in atteggiamenti intimi;
- l’invio di numerosi “SMS” alla ex compagna e convivente, unito ad appostamenti sotto l’abitazione di quest’ultima ed alla creazione di falsi profili su siti Internet per adulti con i dati della donna inserendo le sue foto e postando annunci di natura erotica;
- condotte reiterate di molestia e minaccia nei confronti della persona offesa, con invio alla stessa di oltre 50 mila sms dal contenuto ingiurioso, minaccioso e a sfondo sessuale, minacciandola di rendere pubbliche tramite internet sue foto intime, in modo da cagionarle un profondo stato di ansia e di timore per l’incolumità, anche della sorella minore, e inducendola a cambiare abitudini di vita;
- la condotta scandita da molestie e dalla reiterata minaccia di rendere pubbliche le immagini che ritraevano nuda una ragazza minorenne, qualora la minore non avesse continuato ad inviargliele;
- la condotta del cliente che, dopo che l’avvocato ha rinunciato al mandato difensivo, cerchi di entrare nello studio e faccia reiterate telefonate anche in ore notturne accusando l’avvocato di non volerlo aiutare, minacciandolo e insultandolo così procurandogli uno stato di agitazione per la propria incolumità;
- minacciare ed ingiuriare in continuazione l’amante del proprio marito creandole uno stato di ansia e di paura (nel caso di specie, l’imputata ingiuriava la persona offesa attraverso l’invio di SMS e telefonate, affermando che quest’ultima era una zoc…a e una tr…a rovinafamiglie e condividendo su Facebook una pagina contenente: “Sai perché gli uomini impegnati ti sembrano più belli è sexy di quelli liberi? Perché sei zoc…a!”);
- il reiterato invio di sms e di messaggi di posta elettronica o postati su social network, che generano un grave e perdurante turbamento emotivo;
- continue telefonate alla ex fidanzata con ingiurie e minacce per la restituzione di denaro quale controvalore di oggetti a lei regalati durante il rapporto sentimentale che ingenerino un perdurante stato di ansia nella vittima da non farla uscire più da sola;
- l’invio di commenti, osservazioni, insulti e minacce su pagine Facebook e su indirizzi e-mail direttamente accessibili alla vittima o comunque a lei comunicati che hanno creato nella stessa ansia e disagio costante (nel caso di specie i commenti inviati su Facebook avevano avuto anche profili diffamatori facendo riferimento condotte scorrette tenute dalla vittima nell’ambiente lavorativo e alla sua incapacità lavorativa tanto che la stessa veniva trasferita ad altro ufficio).
D’altro canto, la giurisprudenza ha escluso la sussistenza del reato nei seguenti casi:
- Il reato di molestia o disturbo alle persone, incriminato dall’ 660 c.p., può essere integrato anche da una condotta consistente nel seguire insistentemente la persona offesa, o il suo veicolo, in modo da interferire nella sfera di libertà di lei e da arrecarle fastidio o turbamento. Quest’ultimo, del resto, non va confuso con più gravi situazioni, materiali o morali, quali lo stato di ansia o paura, il timore per l’incolumità propria o altrui e l’alterazione delle abitudini di vita, che sono gli eventi che, disgiuntamente, integrano il più grave reato di atti persecutori ex art. 612-bis c.p.;
- la condotta di chi segua un individuo scattando delle foto per precostituirsi una prova in giudizio (nel caso di specie, la vittima aveva lamentato di essere spiata da individui della famiglia dell’ex marito ingenerando in lei uno stato di ansia, dimostrando tali persone che avevano scattato delle fotografie per mostrare in giudizio come accompagnava il figlio);
- la condotta del padre che cerchi, presentandosi a scuola, fermandolo per strada o telefonandogli, di esercitare il suo diritto di mantenere un rapporto con il figlio. (Nel caso di specie, in sede di separazione era stato affidato il figlio al padre ma poiché la madre aveva in realtà continuato a tenere il figlio presso di sé il giudice del divorzio per non inasprire i rapporti tra i coniugi aveva ritenuto opportuno lasciare la situazione di affidamento del figlio alla madre).
Come si è visto, gli atti persecutori possono esplicarsi anche online, rientrando così nella categoria dei c.d. reati informatici. Infatti, anche l’invio di email e di “post” su “social network” possono integrare le molestie o minacce idonee ad integrare la fattispecie.
Sotto tale profilo, va sottolineato che la giurisprudenza ha ravvisato l’aggravante di aver commesso il fatto con il mezzo telematico (art.612 bis comma 2 c.p.) quando il fatto sia commesso attraverso profili Facebook (in particolare, ciò è avvenuto in un caso in cui la persona offesa era stata costretta a bloccare le piattaforme di comunicazione telematica a causa del comportamento dell’imputato che in più occasioni la cercava presso la palestra ove lavorava e presso l’abitazione affermando che era il fidanzato che voleva parlarle e la contattava attraverso profili Facebook falsi, anche di donna, scrivendole di essere a conoscenza di alcune amicizie della stessa e minacciando di raccontare tutto al suo fidanzato).
Molto delicato è il rapporto della fattispecie con altri reati.
In alcuni casi, il delitto di atti persecutori può assorbire altre fattispecie (ad esempio le molestie ex art.660 c.p.).
Vista la clausola di sussidiarietà espressa (“salvo che il fatto costituisca più grave reato”), appare assai delicata la questione dei rapporti con fattispecie più gravi, che in astratto potrebbero assorbire il delitto in esame.
Ad esempio, si discute se concorrano o meno con il delitto di atti persecutori le fattispecie di omicidio, di estorsione, di usura e di violenza sessuale.
Di regola, la giurisprudenza ritiene che non sussista un rapporto di specialità tra tali reati e quello in esame, il quale, dunque, concorrerà con gli altri.
Tuttavia, in una recentissima pronuncia della Cassazione si è affermato il rapporto di specialità tra la fattispecie di omicidio aggravato dall’art.576 n.5.1) c.p. (ricorrente quando l’omicidio sia commesso “dall’autore del delitto previsto dall’art.612 bis nei confronti della stessa persona offesa”) e quella di atti persecutori, in quanto, altrimenti, gli atti persecutori sarebbero addebitati all’agente due volte, una come reato autonomo e l’altra come aggravante dell’omicidio.
Pertanto, secondo il giudice di legittimità, tra gli art. 576, comma 1, n. 5.1, e 612-bis c.p. sussiste un concorso apparente di norme ai sensi dell’art. 84, comma 1, c.p., e, pertanto, il delitto di atti persecutori non trova autonoma applicazione nei casi in cui l’omicidio della vittima avvenga al culmine di una serie di condotte persecutorie precedentemente poste in essere dall’agente nei confronti della medesima persona offesa.
Cosa fare in caso di accusa di atti persecutori, c.d. stalking (art.612 bis c.p.)
Perché ricercare l’assistenza di un avvocato penalista a Torino?
Come visto in precedenza, non è così agevole valutare la sussistenza di tutti gli elementi necessari a configurare le fattispecie in esame.
Pertanto, a meno di una qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, sarà opportuno rivolgersi ad un legale per chiarire quale sia la corretta disciplina applicabile al caso di specie.
Ma, attesa la complessità delle questioni interpretative, anche in caso di qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, non può escludersi che la stessa possa essere messa in discussione.
Gli avvocati Anselmi e Muci sono disponibili ad esaminare i casi a loro sottoposti per indicare la migliore qualificazione giuridica e la strategia da seguire, sia in caso si sia danneggiati dal reato, sia nel caso si sia accusati di esso.
Nel caso sia necessario presentare una denuncia all’Autorità Giudiziaria, l’assistenza di legali esperti come gli avvocati Anselmi e Muci consentirà di predisporre tale atto adeguatamente. Peraltro, a meno che ricorrano le circostanze indicate nell’art.612 bis comma 4 c.p.p, il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Dunque, l’assistenza di un avvocato penalista agevolerà la corretta redazione dell’atto.