Art.493 ter c.p. (ex art.55 d. L.vo 231/2007): clonazione delle carte di credito

L’art.4 comma 1 lett. a) del D. L.vo 1-3-2018 n.21 ha introdotto nel codice penale, all’art.493 ter, una norma in precedenza contenuta nell’art.55 del D. L.vo 21-11-2007 n.231 (e prima ancora contenuta nell’art.12 D.L. 143/1991 conv. con modificazioni in L. 197/1991), che sanziona l’“indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento.

Il testo della norma è il seguente:

Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.

In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.

Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall’autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta.

La norma, che sostanzialmente è rimasta immutata nonostante l’inserimento formale nelle diverse norme che si sono succedute, viene ritenuta volgarmente punire la clonazione delle carte di credito, anche se, come si è visto, i delitti ivi delineati sono tre:

  • L’indebita utilizzazione, da parte di chi non ne sia titolare, di carte di credito o pagamento o di qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di contante, all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi;
  • La falsificazione o l’alterazione degli stessi documenti appena elencati;
  • Il possesso, la cessione o l’acquisizione dei documenti indicati, se di provenienza illecita, o di ordini di pagamento prodotti con essi.

Si ritiene che i delitti in oggetto, rientranti tra i c.d. reati informatici, abbiano carattere plurioffensivo, in quanto sarebbero più di uno i beni da essi tutelati: il patrimonio, l’ordine pubblico ed economico, nonché la fede pubblica.

E proprio alla tutela della fede pubblica il legislatore ha dato particolare risalto inserendo la norma nel titolo riguardante i delitti contro la fede pubblica e non, invece, in quello dei delitti contro il patrimonio.

La conseguenza di tale inquadramento è che non sia applicabile a tali delitti l’esimente prevista dall’art.649 c.p. nell’ipotesi in cui i delitti siano stati posti in essere da un familiare del titolare della carta.

L’art.649 c.p., infatti, viene ritenuto operare solo con riferimento ai delitti contro il patrimonio.

In ogni caso, soggetto passivo del reato è anche il privato che abbia subito l’utilizzo indebito della sua carta.

Oggetto dei delitti possono essere carte di credito o di pagamento, compresi bancomat e carte prepagate.

Rientra nella tutela anche “qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi”. In giurisprudenza in tale categoria sono stati inclusi: la tessera viacard, la tessera carburanti, la smart card per il noleggio di dvd, le tessere telefoniche prepagate, i vaglia postali veloci.

Non rientrerebbero, invece, in tale categoria i titoli di credito, gli assegni bancari e circolari, gli eurocheques ed i traveller’s cheques.

Per quanto riguarda la prima delle fattispecie sopra indicate, si ritiene che l’utilizzo della carta sia indebito quando non vi sia il consenso all’utilizzo da parte del titolare della carta o quando siano violate le regole e modalità di utilizzo della carta.

Pertanto, anche colui a cui sia stata intestata la carta può commettere il reato qualora, ad esempio, utilizzi la carta nonostante il contratto sottostante con l’emittente o l’ente erogatore sia stato estinto o sospeso.

Interessante è l’orientamento giurisprudenziale che ritiene che il delitto sia commesso anche nel caso in cui la carta sia utilizzata da un terzo pur con l’autorizzazione del titolare, in quanto, di regola, solo quest’ultimo è autorizzato ad usare la carta e perché, al momento dell’utilizzo, occorre la firma del titolare.

Tuttavia, si è ritenuto che non sarebbe rinvenibile illiceità, sempre che vi sia autorizzazione del titolare, nel caso in cui il terzo agisca come longa manus del titolare e non vi sia necessità di firma per l’utilizzo.

Per integrare la fattispecie è necessario che l’autore utilizzi indebitamente la carta o il documento al fine di trarne profitto per sé o per altri.

Ciò comporta che ricorre il delitto anche se il profitto non si realizzi.

In ordine al secondo delitto, la falsificazione della carta di credito o degli altri documenti comporta la creazione di una falsa carta di credito (o di altro documento), la quale appaia (falsamente) emessa dall’ente emittente non solo agli occhi di chi la guarda, ma anche a quelli del lettore di banda magnetica o di microchip.

L’alterazione, invece, implica la manipolazione di una carta vera, di modo che, ad esempio, vengano modificati il titolare, la data di scadenza, ecc..

Come nel caso precedente, non è necessario che dal delitto consegua effettivamente un profitto.

Il terzo delitto appare molto più affine alla ricettazione, riguardando le condotte di possesso, acquisto o cessione di carte od altri documenti.

Da notare, comunque, che qualora la provenienza illecita dei documenti non sia meramente contravvenzionale, ma delittuosa, dovrà preferirsi l’applicazione del delitto di ricettazione previsto dall’art.648 c.p..

Come per gli altri due, al delitto in esame non occorre che ad esso consegua profitto.

Si tratta infatti, per tutti e tre le fattispecie, di delitti a pericolo presunto. In ogni caso, la finalità di conseguire un profitto deve essere oggetto del dolo.

Per quanto riguarda l’indebito utilizzo, va osservato che il delitto si consuma nel momento e nel luogo in cui l’uso si compie.

E’ interessante esaminare i rapporti tra le fattispecie in esame ed altri reati.

Appare controverso l’atteggiamento della giurisprudenza in ordine ai rapporti con il reato di truffa.

La giurisprudenza, infatti, ha ritenuto in diverse occasioni che l’adozione di artifici o raggiri può essere una delle modalità con cui si manifesta l’indebito utilizzo di una carta di credito. In tal caso, quindi, ricorrerà solo il reato in parola e non anche quello di truffa, assorbito nel primo.

Tuttavia si è anche affermato, non del tutto coerentemente, che tale assorbimento non vi sarebbe nel caso in cui, oltre all’utilizzo delle carte di credito vi sia un “quid pluris” come artifici e raggiri (ad es. la rimagnetizzazione illecita di una tessera viacard) od il carpire ed utilizzare, contro la volontà del titolare, il codice alfanumerico della carta di credito.

La Suprema Corte ha comunque affermato che costituisce indebita utilizzazione di carta di credito, sanzionato dall’art. 493-ter c.p., l’effettuazione attraverso la rete internet di transazioni, previa immissione dei dati ricognitivi e operativi di una valida carta di credito altrui, acquisiti dall’agente fraudolentemente con il sistema telematico, a nulla rilevando che il documento non sia stato nel suo materiale possesso.

Infatti, l’espressione di ‘indebito utilizzo’, che definisce il comportamento illecito sanzionato, individua la lesione del diritto incorporato nel documento, prescindendo dal possesso materiale della carta che lo veicola e si realizza con l’uso non autorizzato dei codici personali.

In tal caso i codici di accesso della carta di credito erano stati fraudolentemente captati e, poi, utilizzati per effettuare pagamenti.

In ordine ai rapporti tra i reati di frode informatica e di utilizzo indebito di carte di credito, si è affermato che integra il delitto di frode informatica, e non quello di indebita utilizzazione di carte di credito, la condotta di colui che, servendosi di una carta di credito falsificata e di un codice di accesso fraudolentemente captato in precedenza, penetri abusivamente nel sistema informatico bancario ed effettui illecite operazioni di trasferimento fondi.

Viceversa integra il reato di indebita utilizzazione di carte di credito di cui all’art. 493 ter c.p. e non quello di frode informatica, il reiterato prelievo di denaro contante presso lo sportello bancomat di un istituto bancario mediante utilizzazione di un supporto magnetico clonato.

Risponde invece dei reati di ricettazione e di indebito utilizzo di carte di credito di cui all’art. 493-ter, comma 1, prima parte, c.p. il soggetto che, non essendo concorso nella realizzazione della falsificazione, riceve da altri carte di credito o di pagamento contraffatte e faccia uso di tale mezzo di pagamento.

Quando, invece, l’autore della contraffazione, proceda anche all’utilizzo indebito del mezzo di pagamento, risponderà in concorso delle due autonome ipotesi di reato previste dall’art. 493-ter, comma 1, c.p..

Cosa fare in caso di accusa di clonazione delle carte di credito

Perché ricercare l’assistenza di un avvocato penale a Torino?Come visto in precedenza, non è così agevole valutare la sussistenza di tutti gli elementi necessari a configurare le fattispecie in esame.Pertanto, a meno di una qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, sarà opportuno rivolgersi ad un legale per chiarire quale sia la corretta disciplina applicabile al caso di specie. Ma, attesa la complessità delle questioni interpretative, anche in caso di qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, non può escludersi che la stessa possa essere messa in discussione.Gli avvocati Anselmi e Muci sono disponibili ad esaminare i casi a loro sottoposti per indicare la migliore qualificazione giuridica e la strategia da seguire, sia in caso si sia danneggiati dal reato, sia nel caso si sia accusati di esso.Nel caso sia necessario presentare una denuncia all’Autorità Giudiziaria, l’assistenza di legali esperti come gli avvocati Anselmi e Muci consentirà di predisporre tale atto adeguatamente.

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