Falso Informatico

Nell’ambito dei reati informatici in senso stretto, caratterizzati dal fatto di avere ad oggetto sistemi informatici, può essere incluso il falso informatico, come tutelato dall’art.491 bis del codice penale.

Tale disposizione era introdotta dall’art.3 della L. 23-12-1993 n.547, che così recitava:

 

“se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico o privato si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici e le scritture private. A tal fine per documento informatico si intende qualunque supporto informatico contenente dati o informazioni aventi efficacia probatoria o programmi specificamente destinati ad elaborarli”.

 

Con l’art.3 comma 1 L. 18-3-2008 n.48, la disposizione veniva modificata nel modo seguente:

“se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico o privato, avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici e le scritture private”.

 

Con l’art.2 comma 1 lett. e D. L.vo 15-1-2016 n.7, infine, la norma veniva ancora modificata come segue:

 

“se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici”.

 

In conseguenza di tale ultima modifica, deve escludersi qualsiasi estensione della disciplina penale sulla falsità degli atti ai documenti informatici privati (a tali documenti si applicheranno le sanzioni civili previste dal D.L.vo n.7 del 2016 per i falsi nelle scritture private).

 

Inoltre, la disciplina di tutela penale contro i falsi in atto pubblico è estesa ai documenti informatici pubblici purché abbiano efficacia probatoria.

 

Infine, viene sganciata qualsiasi definizione di documento informatico dal fatto che esso sia contenuto in un supporto informatico, così recependo il carattere immateriale che il documento informatico possiede. Non è più il “contenitore” a caratterizzare il documento informatico, ma il “contenuto”.

 

Ora la nozione di “documento informatico” non è più rinvenibile nella stessa norma penale, ma deve essere richiamata dalla normativa extrapenale, ed in particolar modo dall’art.1 lett. p) del codice dell’amministrazione digitale, approvato con D.L.vo 7-3-2005 n.82, così come modificato dal D.L.vo 4-4-2006 n.519 e, da ultimo, dall’art.1 comma 1 lett. d) D.L.vo 26-8-16 n.179: è documento informatico “la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”.

 

Da tale sommaria esposizione si ricava che la individuazione di delitti di falso in documento informatico pubblico, ai sensi della norma del codice penale in oggetto, implica il corretto inquadramento di una serie di nozioni:

  • Documento informatico;
  • Rilevanza giuridica dell’atto, fatto o dato rappresentato dal documento;
  • Pubblicità del documento;
  • Efficacia probatoria ricondotta al documento.

 

Per far ciò occorre far riferimento alle assai numerose norme in materia di documenti informatici che nel corso di questi anni sono state emanate, nonché alle valutazioni della dottrina e della giurisprudenza.

 

Una volta chiarito in quali casi ci troviamo di fronte ad un documento informatico pubblico, la concreta tutela penale dovrà ricavarsi dall’applicazione di uno dei delitti in tema di falso in atto pubblico previsti dal Capo II del Titolo VII del Libro II del codice Penale (“Della falsità in atti”: art.476 c.p. e ss.).

 

In particolare, come per gli atti, le condotte di reato potranno configurarsi come “falsità ideologica” (quando nell’atto – documento sono contenute attestazioni o dichiarazioni non veritiere) o come “falsità materiale” (quando esiste una divergenza tra autore apparente ed autore reale del documento o quando il documento sia stato alterato dopo la sua formazione).

 

I principali delitti ipotizzabili sono: la falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art.476 c.p.) o in certificati o autorizzazioni amministrative (art.477 c.p.), la falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art.479 c.p.) o in certificati o autorizzazioni amministrative (art.480 c.p.), la falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art.483 c.p.), la falsità in registri e notificazioni (art.484 c.p.), la soppressione, distruzione e occultamento di atti veri (art.490 c.p.).

 

Va peraltro notato che, anche prima dell’introduzione dell’art.491 bis del codice penale, la giurisprudenza aveva approntato una tutela contro il falso informatico, ritenendo che potessero configurarsi i delitti di falso ideologico o materiale in atti pubblici (artt.479 e 476 c.p.) con riferimento a documenti informatici.

 

Pertanto, ad esempio, era stata ritenuta la sussistenza del delitto ex art.476 c.p. nel caso di pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni, avesse formato un atto informatico sostanzialmente o formalmente falso, inserendo nell’archivio informatico dell’Albo nazionale costruttori dei dati non corrispondenti alle delibere adottate dai competenti organi deliberativi di tale Albo.

Parimenti, sempre a titolo esemplificativo, era stata ritenuto configurabile il reato di cui all’art.479 c.p. nel caso di condotta del pubblico impiegato che inserisca la scheda magnetica (c.d. badge) di un altro dipendente nell’apposita apparecchiatura elettronica predisposta dall’amministrazione di appartenenza per la rilevazione ed il controllo dell’entrata nel luogo di lavoro, attestando in tal modo falsamente l’orario di ingresso e la durata della prestazione lavorativa svolta.

 

Ad ulteriore titolo esemplificativo, la giurisprudenza ha ritenuto di applicare l’art.491 bis c.p., unitamente alle norme che descrivevano di volta in volta la fattispecie tipica, nei seguenti casi:

  • notaio che attesta falsamente in documenti informatici relativi all’autoliquidazione delle imposte fatti dei quali gli atti erano destinati a provare la verità (artt.480-491 bis c.p.);
  • inserimento di dati relativi al superamento di esami mai sostenuti su un supporto informatico, concernente il proprio curriculum universitario, che abbia funzione vicaria dell’archivio dell’Università e, pertanto, destinazione potenzialmente probatoria, quantomeno provvisoria (artt.483 – 491 bis c.p.);
  • pubblico ufficiale che, in qualità di addetto al servizio di inserimento dati nel sistema di verbalizzazione informatica, alteri documenti informatici pubblici relativi alla predisposizione di verbali di accertamento di violazioni di norme del codice della strada (artt.476 – 491 bis c.p.);
  • confezionamento di un falso atto informatico destinato a rimanere nell’archivio informatico di una p.a. da parte di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (artt.476 e 479 – 491 bis c.p.).

 

Cosa fare in caso di Falso Informatico

L’assistenza di un avvocato penalista a Torino

Come visto in precedenza, non è così agevole valutare la sussistenza di tutti gli elementi necessari a configurare un falso su documento informatico.

Pertanto, a meno di una qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, sarà opportuno rivolgersi ad un legale per chiarire quale sia la corretta disciplina applicabile al caso di specie.

Ma, attesa la complessità delle questioni interpretative, anche in caso di qualificazione già contenuta in un atto giudiziario, non può escludersi che la stessa possa essere messa in discussione.

Gli avvocati Anselmi e Muci sono disponibili ad esaminare i casi a loro sottoposti per indicare la migliore qualificazione giuridica e la strategia da seguire, sia in caso si sia danneggiati da un falso, sia nel caso si sia accusati di aver commesso un falso.

Nel caso sia necessario presentare una denuncia all’Autorità Giudiziaria, l’assistenza di legali esperti come gli avvocati Anselmi e Muci consentirà di predisporre tale atto adeguatamente.

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